III. PICO – Il corporativismo
Spyridon Ploumidis
Traduzione di Stavros Kouroufexis
Riassunti
Nella Grecia del primo dopoguerra,
analogamente a quanto accade in Italia o in Germania, si fa avanti un
nuovo modo di concepire le relazioni tra Stato, economia e società: è il
corporativismo “autoritario”. Anche nel paese ellenico il crollo del
liberalismo politico si era accompagnato ad una profonda crisi delle
certezze sulla solidità e sull’utilità delle libertà in economia e aveva
avuto un riflesso diretto nell’affermazione delle dittature di Kondylis
e di Metaxas, fautori di una trasformazione dell’economia greca in
senso dirigista. Questo articolo intende analizzare come, attraverso le
novazioni normative e i tentativi di intervento nel sistema produttivo
ellenico i poteri pubblici hanno tentato di allinearsi alle forme di
controllo dell’economia che maturavano e si affermavano nel resto
d’Europa.
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Crediti : by Jgmarcey via Wikimedia Commons (Public domain)
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1. Il corporativismo come teoria
- 1 WILLIAMSON, Peter J., Varieties of Corporatism: A Conceptual Discussion, New York, Cambridge Univer (...)
- 2 Ibidem, pp. 19-20, 22.
1Il
corporativismo non è una teoria e ideologia sociopolitica casuale, ma
insieme al capitalismo liberale e al socialismo è stato uno dei maggiori
“-ismi” della moderna società industriale nel tardo XIX secolo e
durante il primo dopoguerra1.
Le idee corporativiste furono sviluppate come reazione ai problemi di
difficile risoluzione causati dal capitalismo industriale e dal crollo
graduale del ancien regime nell’Europa continentale.
Corporativismo significa, molto semplicemente, la collaborazione fra
lavoro e capitale ed è stato elaborato da intellettuali al fine di
attenuare i conflitti di classe fra i capitalisti industriali e la
classe operaia. Per raggiungere questa collaborazione c’era bisogno di
un elementare rapporto di solidarietà fra le due parti avverse. Le
origini della teoria corporativista sono l’etica del cattolicesimo e il
collettivismo del nazionalismo. La solidarietà predicata dalla Chiesa
cattolica derivava dall’amore cristiano, mentre i teorici nazionalisti
del corporativismo predicavano il sacrificio individuale a favore del
bene collettivo nazionale – il corporativismo nazionale assunse
dimensioni maggiormente autoritarie, in quanto del bene nazionale si
faceva, in pratica, interprete un capo autoritario. In più gli ideatori
del corporativismo idealizzarono l’immagine della società medievale e
professarono la rinascita di questa idilliaca e armoniosa società dove
regnavano valori etici superiori e solidarietà, la comprensione e
l’assistenza reciproca2: il corporativismo è una teoria idealista per eccellenza.
- 3 Cfr. ROBERTSON, David, The Penguin Dictionary of Politics, London, Penguin Books, 1993, p. 117.
- 4 WILLIAMSON, Peter, op. cit. pp. 20-21.
2Oltre
a quanto detto sopra il corporativismo presuppone la presenza di uno
stato forte che soprintenda o che si assuma esso stesso l’incarico di
organizzare i lavoratori in organizzazioni corporativiste (“sindacati”).
I “sindacati” corporativisti, che si sostituiscono alle associazioni
liberali di professione (unioni, circoli) dei lavoratori, devono
possedere il riconoscimento e l’approvazione dello Stato e operano come
istituzioni economiche e sociali intermedie, poste fra i lavoratori e lo
Stato3.
I sindacati segnano la gestione orizzontale della rappresentanza
professionale. Ogni sindacato include tutte le organizzazioni della
medesima tipologia e professione, di lavoratori e impiegati, ma anche
dei loro datori di lavoro. Ogni “sindacato” rappresenta un intero ramo
(e uno soltanto), senza eccezioni, dell’industria, delle arti e delle
professioni. Le organizzazioni sindacali professionali perdono il loro
carattere verticale, e cioè classista, e ne assumono uno orizzontale e
collettivista. Quindi il corporativismo sostituisce l’ordine
economico-sociale individualista-liberale con uno collettivista e
rigorosamente gerarchico. Il ruolo di garante del mantenimento di questa
gerarchia viene assunto dallo Stato (rafforzato)4.
- 5 Ibidem.
- 6 Ibidem, pp. 7, 11.
- 7 Ibidem, pp. 9-11.
- 8 ΛΙΑΚΟΣ, Αντώνης, Εργασία και πολιτική στην Ελλάδα του Μεσοπολέμου: Το Διεθνές Γραφείο Εργασίας και (...)
- 9 WILLIAMSON, Peter, op. cit., p. 77.
3Peter Williamson5 ha individuato tre tipi di corporativismo: a) il corporativismo “consensuale” (consensual licenced corporatism); b) il corporativismo “autoritario” (authoritarian licenced); c) il “neo-corporativismo” (neo-corporatism)6.
In questo articolo verranno esaminate le prime due forme del
corporativismo, le quali furono applicate durante il primo dopoguerra,
mentre il cosiddetto “neo-corporativismo” riguarda le economie
industriali evolute dell’Occidente del secondo dopoguerra. Le differenze
fra le prime due forme del corporativismo riguardano il tipo di
controllo esercitato dai “sindacati” sui propri membri ed il rapporto
fra i “sindacati” e lo Stato. Anche se in entrambi i sistemi corporativi
lo Stato svolge, per definizione, una decisiva funzione di guida e di
supervisione, nel primo caso le strutture della rappresentanza
professionale e dell’organizzazione della produzione, permettono, in
misura significativa, il consenso dei lavoratori per quel che riguarda i
valori e gli obbiettivi del sistema ed un importante grado di autonomia
della società nei confronti dello Stato7.
Questa natura del corporativismo “consensuale” spiega la sua adozione
da parte di regimi socialdemocratici come la Repubblica di Weimar
(1919-33)8.
Al contrario, il corporativismo “autoritario” è stato proprio dei
regimi fascisti e “fascistoidi”. L’attrattiva e l’ampia accettazione del
corporativismo fra i regimi fascisti non sono dovute soltanto alla loro
natura autoritaria, che in pratica si traduceva nel disciplinamento
della classe lavoratrice e nella delegittimazione di ogni azione di
sciopero, ma anche nel carattere sovra-nazionalista della loro
ideologia. Inoltre, il fascismo e il corporativismo “autoritario”
avevano gli stessi nemici: il liberalismo individualista, il socialismo
materialista e, naturalmente, la lotta di classe. L’acuirsi dei
conflitti sociali dopo la Prima guerra mondiale fece dell’adozione del
corporativismo da parte dei fascisti italiani di Mussolini (il 1927 con
la Carta del Lavoro) una necessità reale e non una questione metafisica9.
Tuttavia, anche se il corporativismo viene considerato una componente
del fascismo, questi due fenomeni politici non erano identici, ma
avevano origini distinte ed ebbero un percorso diverso dopo la Seconda
guerra mondiale.
2. Conflitti di classe nella Grecia del primo dopoguerra
- 10 MAZOWER, Mark, Greece and the Inter-War Economic Crisis, Oxford, Clarendon Press, 1991, pp. 91-92.
- 11 Ibidem, p. 94.; ΠΙΖΑΝΙΑΣ, Πέτρος, Οι φτωχοί των πόλεων. Η τεχνογνωσία της επιβίωσης στην Ελλάδα το (...)
- 12 MAZOWER, Mark, op. cit., pp. 172-173.
- 13 Ibidem, pp. 237, 250-251
- 14 ΔΡΙΤΣΑ, Μαργαρίτα, Βιομηχανία και τράπεζες στην Ελλάδα του Μεσοπολέμου [DRITSA, Margarita, Industry (...)
- 15 ΠΙΖΑΝΙΑΣ, Πέτρος, op. cit., pp. 155-156.
4Le
condizioni economico-sociali nella Grecia del primo dopoguerra
(1922-1940) favorivano la diffusione e l’applicazione delle idee
corporativiste. Già dal primo decennio postbellico la Grecia conobbe una
rapida crescita industriale (mediamente 6.8% per gli anni 1922-1929)10.
Questo aveva come risultato l’aumento della forza lavoro dell’industria
da 154.633 (uomini e donne) nel 1917 a 278.855 nel 193011.
Le condizioni economico-sociali peggiorarono dopo la bancarotta
ufficiale della Grecia, dichiarata da Eleftherios Venizelos il 27 aprile
193212.
L’industria greca, tuttavia, riuscì a riprendersi abbastanza presto e a
raggiungere alti ritmi di crescita (in media 8%) dal 1933 in poi (e
fino alla fine del decennio)13. Negli anni 1931-39 vennero fondate 927 nuove imprese industriali14.
Tuttavia l’occupazione nel settore non crebbe altrettanto ma soltanto
di 17.700 posti (da 157.300 nel 1930 a circa 175.000 dipendenti nel
1940, un aumento cioè di appena il 10%15).
In altre parole l’industria greca non poteva assorbire i nuovi ingressi
nel mercato del lavoro e di conseguenza la disoccupazione endemica
durante il secondo decennio postbellico rimase ferma al 9%. Inoltre
secondo la GSEE (ΓΣΕΕ, Confederazione Generale dei Lavoratori
Greci) la disoccupazione esplose con l’avvento della crisi economica
mondiale e il numero dei disoccupati aumentò da 82.000 nel 1928 a
237.356 nel 1932, una cifra che corrispondeva al 35% del totale della
forza lavoro. Ciò era dovuto alla natura dell’industria greca,
relativamente arcaica dal punto di vista della competitività, dei
capitali, degli investimenti in nuove tecnologie, del personale
specializzato, delle fonti di materie prime, dell’energia ecc. Nel 1936
il contributo del settore industriale al reddito nazionale era appena
del 12%.
- 16 ΔΡΙΤΣΑ, Μαργαρίτα, op. cit., pp.117-118. Secondo Alkis Rigos nel 1931 circa il 25% degli operai era (...)
- 17 ΜΟΣΚΩΦ, Κωτής, Εισαγωγικά στην ιστορία του κινήματος της ɛργατικής τάξης: Η διαμόρϕωση της ɛθνικής (...)
- 18 ΕΛΕΦΑΝΤΗΣ, Άγγελος, op. cit., p. 93.
- 19 Ibidem, p. 287; MAVROGORDATOS, George Th., Stillborn Republic: Social Coalitions and Party Strategi (...)
- 20 MAZOWER, Mark, op. cit., p. 289.
5Tutto
ciò ebbe come risultato l’acuirsi dei conflitti di classe durante gli
anni Trenta. La combattività della classe operaia sindacalizzata fu
rafforzata dalla concentrazione geografica dell’industria greca. Nel
1930 il 59,6% degli stabilimenti industriali e il 75,7% della forza
lavoro erano concentrati nella capitale, mentre le rispettive
percentuali per la circoscrizione di Salonicco erano 26% e 18%16.
L’inasprimento dei rapporti di classe si deve anche ad un altro,
soggettivo, fattore: nel novembre del 1931 venne imposta una nuova
leadership nel Partito Comunista Greco (KKE) dall’Internazionale
Comunista (Comintern); questa nuova leadership che faceva capo a Nicolas
Zachariadis, seguendo le direttive staliniste, aveva indurito il suo
atteggiamento nei confronti dell’ordine costituito borghese e dei suoi
avversari socialisti17.
Nello stesso anno (1931), i Circoli Operai di Salonicco, Drama e
Kavalla (queste ultime due città erano i più grandi centri produttori di
tabacco del paese), come anche quelli di Volos e di Larissa, caddero
sotto il controllo della Unionista GSEE (fondata nel 1929), la quale
veniva guidata dal KKE18.
Nell’aprile-maggio del 1936 l’ondata di scioperi assunse il carattere
di una marea. Il 9 maggio uno sciopero degli operai del tabacco di
Salonicco portò a sanguinosi conflitti con la guardia rurale e
l’esercito che finirono con l’uccisione di 9 manifestanti e il ferimento
di oltre 20019.
Il tumulto operaio-sindacalista non si fermò lì. Il 27 luglio i
sindacati (GSEE e GSEE Unitaria ecc.) proclamarono uno sciopero generale
di 24 ore per il 5 agosto in segno di protesta per l’intento del
governo (allora ancora di tipo parlamentare e non dittatoriale,
essendosi insediato il 13 aprile) di Ioannis Metaxas di promulgare
l’arbitrato obbligatorio dello Stato nella conclusione dei Contratti
Collettivi di Lavoro. La proclamazione dello sciopero generale diede a
re Giorgio II e al primo ministro Metaxas il pretesto e la scusa per
sospendere il funzionamento del Parlamento e di alcuni articoli
fondamentali della Costituzione (del 1911) e di imporre un regime
dittatoriale20.
Fra il 1936 e il 1940 il regime di Metaxas applicò (in misura limitata)
alcune pratiche corporativiste, le quali copiavano il modello fascista e
quello nazionalsocialista. Da questo punto di vista la Grecia tra le
due guerre non è stata un’eccezione dalla norma europea. Prima di
procedere ad un esame dettagliato della diffusione e dell’applicazione
del corporativismo “autoritario”, sarà utile guardare sinteticamente
all’applicazione delle idee del corporativismo “consensuale” nel nostro
paese.
3. Il corporativismo “consensuale” in Grecia
- 21 RATHENAU, Walter, Der Neue Staat, Berlin, Fischer, 1919.
- 22 DURKHEIM, Émile, De la division du travail social, Paris, Librairie Félix Alcan, 1893.
- 23 MANOLEISCU, Mihail, Le siècle du corporatisme. Doctrine du corporatisme integral et pur, Paris, Edi (...)
- 24 WILLIAMSON, Peter, op. cit., pp. 26-27, 46-47, 58-59.
- 25 L’esponente principale del comunitarismo (κοινοτισμός) nella Grecia del primo dopoguerra era Konsta (...)
- 26 ΦΙΛΑΡΕΤΟΣ, Κλεισθένης, «Αι κοινωνικαί ασφαλίσεις, η κοινωνία και τα κόμματα» [PHILARETOS, Klistenes (...)
6Le
idee del corporativismo “consensuale” hanno avuto una diffusione
limitata in Grecia. Prova di ciò è il fatto che le opere di Walter
Rathenau21, di Emile Durkheim22 e di Mihail Manoilescu23 che furono le fonti fondamentali di queste teorie24,
non sono mai tradotte (durante il primo dopoguerra) in greco. Questo
vuoto (o silenzio) può essere spiegato, in parte, con il grande impatto
che hanno avuto le idee del comunitarismo che è stato associato alla
tradizione greca25.
Il comunitarismo, come anche il corporativismo, offriva (in teoria) una
via media fra il materialismo capitalista e comunista ed una soluzione
idealista che avrebbe attenuato i contrasti di classe. Il comunitarismo
era, secondo i suoi fautori locali (ad esempio Dinos Malouchos e Kostas
Karavidas), compatibile con le tradizioni dei sindacati e delle comunità
agricole del periodo post-bizantino e di conseguenza avrebbero potuto
offrire soluzioni più “genuine” e “praticabili” ai problemi
dell’ellenismo contemporaneo26.
- 27 ΣΩΜΕΡΙΤΗΣ, Διονύσιος Θ., Περί της Γερουσίας εν Ελλάδι από θεωρητικής και ιστορικής απόψεως [SOMERIT (...)
- 28 ΣΒΩΛΟΣ Αλέξανδρος I., Το Νέον Σύνταγμα και αι βάσεις του πολιτεύματος [SVOLOS, Alexandros, La nuova (...)
- 29 DENDIAS, Michel, Le problème de la chambre haute et la représentation des intérêts à propos de l’or (...)
- 30 MAVROGORDATOS, George Th., pp. 37 (nota 15), 130-131 (nota 58); MAZOWER, Mark, op. cit., p. 267; ΛΙ (...)
7Il
corporativismo “consensuale” venne applicato limitatamente
all’istituzione senatoria, che era stato rifondata formalmente con la
Costituzione Democratica del 1927 e aveva ripreso le sue funzioni nel
1929 (fino alla sua soppressione, operata dalla dittatura di Georgios
Kondylis). Il dibattito sulla rifondazione del senato sotto la forma di
un Consiglio Supremo dei professionisti e delle classi produttrici, come
il Reichswirtschaftsrat della Repubblica di Weimar (il
Reichswirtschaftsrat era stato fondato nel 1920 per la rappresentanza di
“tutte le rilevanti professioni dipendenti e libere” come un mezzo per
colmare il divario fra le classi sociali contrapposte) era iniziato già
dal marzo del 192227.
Nel 1928 il professore di Diritto Costituzionale all’Università di
Atene Alexandros Svolos, che era noto per le sue convinzioni
socialdemocratiche, sostenne, in una sua pubblicazione indipendente, il
principio della “rappresentanza professionale” (o, come da lui
alternativamente chiamata, il principio della “rappresentanza degli
interessi”), uno dei principi fondamentali del corporativismo. L’autore
aveva, inoltre, dichiarato che questo principio seguiva la Wirtschaftsverfassung, il principio teorico su cui si era basata l’istituzione del Reichswirtschaftsrat.
Il problema era l’«armonizzazione, sotto disciplina e ordine razionale,
della vita economica, al fine di evitare la dominante anarchia nella
produzione e nei rapporti economici», cosicché «gli interessi delle
classi opposte» potessero «unirsi in uno sforzo comune». Nello stesso
tempo Svolos precisò che rifiutava l’antidemocratico «Stato
associazionista» e «l’organizzazione professionale» del «sistema
assolutista fascista», e sostenne che «la rappresentanza degli
interessi» in un «Senato Economico» dovrebbe basarsi sulla
«partecipazione volontaria» e «sulla libertà di cooperazione», come era
appropriato per una «democrazia borghese»28.
L’anno seguente le idee di Svolos echeggiarono nella tesi sulla
dittatura del giurista Michail Dendias, che sostenne ferventemente il
principio della representation politique professionelle, autrement dite representation des interets, un principio che lui interpretò come una «rappresentanza sostanzialmente sindacale, basata sull’organizzazione sindacale»29.
Alla fine il principio della «rappresentanza professionale» venne
applicato in questo modo: 18 su 120 membri del Senato greco erano
rappresentanti di organizzazioni professionali, come le Camere
commerciali e professionali, le Camere Agricole, le Camere tecniche,
L’Unione degli armatori Greci ecc30.
- 31 ΘΕΟΤΟΚΑΣ Γιώργος, Εμπρός στο κοινωνικό πρόβλημα [THEOTOKAS, Giorgos, Dinanzi alla questione sociale(...)
8Riferimenti
alle teorie corporativiste sono rinvenibili anche nell’opera di
Georgios Theotokas (1905-1966), giurista ateniese e intellettuale
liberale di rilievo negli anni Trenta che, successivamente (1944) aderì
alla socialdemocrazia; nel gennaio 1932 Theotokas prevedeva, nel contest
di un’economie dirigée, la trasformazione del Senato esistente in
un’«assemblea economica»31.
4. Il corporativismo “autoritario”
4.1. Nella teoria
- 32 GRILLENZONI, Carlalberto, Το συντεχνιακόν κράτος [Lo Stato corporativo], traduzione PAPAMICHALIS Ni (...)
- 33 BIAGI, Bruno, Η παγκοσμιότης των συντεχνιακών θεσμών [La globalizzazione delle istituzioni corporat (...)
- 34 ΓΙΑΝΝΟΠΟΥΛΟΣ, Ιωάννης, Η αστική οικονομία και ο σοσιαλισμός: Η από σχεδίου οικονομία – διευθυνομένη (...)
9Le
idee corporative “autoritarie”, applicate da Ioannis Metaxas, avevano
acquisito una basilare diffusione in Grecia poco prima del 1936. Alla
fine del 1935 (cioè dopo l’instaurazione della dittatura di Kondylis) un
ricercatore italiano aveva pubblicato una sua ricerca sullo «Stato
sindacale», basata su una serie di lezioni da lui tenute all’Istituto
Italiano di Cultura di Atene durante l’inverno di quell’anno. In questa
sua ricerca aveva sviluppato le disposizioni principali della Carta del
Lavoro (1927) e aveva spiegato i concetti di “corporazioni” e di
Consiglio Nazionale delle Corporazioni. Il suo obiettivo dichiarato era
quello che «il lettore possa farsi un idea precisa delle nuove idee
politiche e sociali che provocarono la profonda riforma dello Stato
Italiano e che oggi regolano la sua esistenza»32.
Nel 1937-1938 circolavano in greco altri tre studi sinottici sul
sistema sindacale, realizzati da Bruno Biagi (Sottosegretario alle
corporazioni dell’Italia fino al 1935) e da Aristidis Vekiarelis
(Ispettore della Banca Nazionale della Grecia33).
Nel 1939 un avvocato ed ex deputato del partito dei Liberi pensatori di
Ionnis Metaxas pubblicò un’opera voluminosa sull’economia diretta ed il
sistema sindacale del fascismo e del nazionalsocialismo34.
- 35 ΨΑΛΙΔΟΠΟΥΛΟΣ, Μιχάλης Μ., Η κρίση του 1929 και οι Έλληνες οικονομολόγοι: Συμβολή στην ιστορία της ο (...)
10I
più ferventi fautori dello stato corporativo nel mondo accademico erano
il professore di Economia Politica dell’Università di Salonicco
Dimosthenis Stefanidis (1896-1975) e Ioannis Tournakis, professore di
Economia Politica Applicata alla Scuola Suprema di Scienze Economiche e
Commerciali. Circa un anno dopo l’instaurarsi del regime di Metaxas
questi due economisti si dichiararono a favore dell’adozione del modello
italiano35. Stefanidis, nello specifico, sostenne:
- 36 ΣΤΕΦΑΝΙΔΗΣ, Δημοσθένης Σ., Εισαγωγή εις την εφηρμοσμένην κοινωνικήν οικονομικήν [STEFANIDIS, Dimost (...)
Davvero, se applicando il sistema economico liberale lasciamo alla propria sorte tutti i contrasti, acuti o meno, fra gli interessi economici, svaniranno gli interessi economici più deboli [...] la loro scomparsa ferirà nel profondo il corpo della società, diventando così una causa perenne di ostilità e di odio fra i vari fattori e classi produttrici. Al contrario, l’intervento dello stato, specie quando la sua organizzazione assicura l’avvento al potere dei “migliori” del popolo, di quelli che stanno al di sopra di classi e partiti, facilita il raggiungimento di vie di mezzo, e così l’indebolimento dei contrasti o anche la loro conversione in cooperazione degli interessi economici per il bene comune36.
- 37 Ibidem, pp. 133-134, 138.
- 38 MICHELS, Robert, Le partis politiques: essai sur les tendances oligarchiques des democraties, Paris (...)
- 39 ΣΤΕΦΑΝΙΔΗΣ, Δημοσθένης Σ., op. cit., pp. 45-55.
- 40 Ibidem, p. 140.
11Stefanidis
(la cui opinione anti-liberale era evidente) sostenne che nel caso in
cui il compromesso fra gli interessi economici non fosse possibile,
l’intervento dello Stato avrebbe garantito che «il sacrificio degli
interessi economici» sarebbe stato «di minore importanza per la
collettività». Stefanidis ribadì, successivamente, ancora una volta che
il «considerevolmente più ampio intervento dello Stato nell’economia
sociale, soprattutto al fine di rendere la massima giustizia economica e
sociale sarebbe divenuto possibile, facilitando l’avvento al potere dei
“migliori” del popolo, dal punto di vista dell’istruzione, della
capacità amministrativa e soprattutto della moralità»37. Su questo Stefanidis rinviò esplicitamente all’opera di Robert Michels Le partis politiques: essai sur les tendances oligarchiques des democraties38 il quale si dichiarava favorevole ad un’aristocrazia politica elitaria39.
L’inquadramento politico del corporativismo proposta da Stefanidis era
largamente anti-liberale, anti-parlamentare e autoritaria: «La
cosiddetta democrazia parlamentare non sembra più capace di rispondere
alla necessità dell’intervento statale attivo nell’economia sociale,
come una forma di governo di altri tempi, altre condizioni sociali ed
economiche [...] i popoli avanzati e tesi al progresso devono adattare
la propria organizzazione statale alla suddetta necessità (di intervento
attivo dello Stato) e affidare per questa ragione – che non è la sola –
il potere a gruppi “aristocratici” stanti al di sopra di classi e
partiti»40.
- 41 Ibidem, p.138.
- 42 Von BECKERATH, Erwin, Die Idee der korporativen Wirtschaft, in DOBBERT, Gerhard [hrsg. von], Die fa (...)
- 43 ΣΤΕΦΑΝΙΔΗΣ, Δημοσθένης Σ., op. cit., pp. 138, 140-141.
- 44 Ibidem, pp. 86-89, 97.
- 45 Ibidem, pp. 81-82, 91.
- 46 ΨΑΛΙΔΟΠΟΥΛΟΣ, Μιχάλης Μ., Πολιτική Οικονομία και Έλληνες διανοούμενοι: Μελέτες για την ιστορία της (...)
12Stefanidis
definì il corporativismo (cioè questo tipo di intervento statale
nell’«economia sociale») come la «aurea via di mezzo fra individualismo e
comunitarismo» (cioè fra l’economia del liberalismo classico e quella
del socialismo), e lo classificò nel quadro di un’«economia popolare
(cioè völkisch)»41. Il professore greco trasse le sue idee per la costituzione dello Stato Corporativo da Erwin von Beckerath42, il quale – fra l’altro – aveva sostenuto che «lo stato liberale appartiene al passato»43.
Infine, Stefanidis propose l’adozione da parte dei greci della politica
economica dell’Italia fascista e della Germania nazionalsocialista. In
particolare, in questa sua pubblicazione, mise in evidenza lo Stato Corporativo di Ugo Spirito, la Carta del Lavoro del 1927 e i concetti di sindacati, corporazioni, unioni, confederazioni ecc. mentre rinviò anche al Mein Kampf44. L’economista
greco si muoveva, ovviamente, nella direzione del corporativismo
«nazionale/autoritario». Dichiarò che «l’obbiettivo più alto
dell’organizzazione sindacale è la nazione»: questa «politica economica e
sociale sarebbe più correttamente caratterizzata come nazionale, perché
nacque principalmente dalla contemporanea esaltazione del sentimento
nazionale in un numero rilevante di paesi, e fu con esso congiunta.
[...] Questa politica economica, contrariamente all’individualismo e al
cosmopolitismo della scuola liberale, sventola la bandiera
dell’interesse economico e ha come fine l’infusione di idee
nazionaliste»45.
Da parte sua, Ioannis Tournakis propagandava sistematicamente la teoria
economica corporativista attraverso il suo periodico Νέα Πολιτική [Nuova Politica] (1937-1940)
suggerendo la rottura totale con la tradizione economica liberale e la
svolta radicale verso la politica dell’autarchia, l’adozione totale del
sistema corporativo italiano46.
- 47 ΜΕΡΚΟΥΡΗΣ, Γεώργιος, «Ο εθνικοσοσιαλισμός εν Ελλάδι» [MERKOURIS, Georgios, Il nazionalsocialismo in (...)
- 48 ΜΕΡΚΟΥΡΗΣ, Γεώργιος, Το συντεχνιανόν Κράτος [MERKOURIS, Georgios, Lo Stato corporativo], Αθήνα, s.e (...)
- 49 Ibidem, p. 6.
- 50 Ibidem, pp. 7, 11, 14, 16.
- 51 Ibidem, pp. 8-9.
13La
pubblicazione volgarizzata più completa della teoria corporativista
“autoritaria” per il pubblico greco è stata fatta da Georgios Merkouris,
ex ministro dell’Economia Nazionale e capo del minuscolo Partito
Nazional Socialista Greco (fondato nel 1933). Già nel 1933 Merkouris
aveva suggerito la regolamentazione dei rapporti di classe «in maniera
realmente giusta sotto la sorveglianza insonne delle Leggi» cosicché
cessasse la «concorrenza ostile fra le classi» e dominassero i principi
dell’«Unità Nazionale», della «Serenità» e della «Disciplina Sociale»47. Nel 1936 nella sua breve pubblicazione Lo Stato Corporativo,
Merkouris aspirava, «grazie alla sua grande attualità, alla più ampia
diffusione e divulgazione del dogmatismo scientifico, da cui derivò la
formazione di un moderno sistema amministrativo, quello del
Corporativismo e, da esso, dello stato Corporativo basato sulla realtà
della finanza pubblica e dell’economia»48.
L’ autore definì lo Stato Corporativo come il contrario
«dell’individualismo, del capitalismo e del comunismo» e come la «più
perfetta espressione della ragionevole difesa sociale derivante da
imperative necessità economiche e politiche, le quali sono il risultato
degli abusi del liberalismo e delle condizioni postbelliche»49.
Merkouris definì il corporativismo come una creazione del fascismo
italiano e come una parte inseparabile del «nuovo ordine» che era uscito
«dalle mura di Roma» e che si espandeva «nel mondo» (in Portogallo, in
Austria, in Germania ecc.), assumendo «oggigiorno una forma mondiale»50.
L’autore si rivolse anche contro le «utopie comuniste» e «la lotta di
classe» come un’«insopportabile situazione scissionista, la quale ha
favorito il socialismo violento e il comunismo», mentre dall’altra parte
parlò dei «fallimenti clamorosi del Parlamentarismo». Il colmarsi del
divario che veniva causato «dal conflitto fra gli interessi del Capitale
e del Lavoro» sarebbe stato operato dall’«insolubile anello di
coesione, la Nazione»51.
- 52 Ibidem, pp. 12-26, 31-32.
14Merkouris
aveva spiegato in parole semplici che «Stato Corporativo» è «la
traduzione del termine Corporativismo», mentre «il termine corporation
potrebbe e dovrebbe essere tradotto con la corrispondente parola greca
sindacato». Il termine «sindacato», spiegò, è «l’incorporazione in una
sola unione di rappresentanti di sindacati agricoli, operai meccanici,
industriali, commercianti e di qualsiasi altro settore, tutti quanti
cooperanti nello stesso ramo produttivo o industriale». A questo punto
Merkouris precisò che il «sindacato costituisce quell’unione consistente
in rappresentanti dei sindacati riconosciuti», cioè dei sindacati
istituzionalmente riconosciuti dalle autorità sindacali dello Stato e
non qualsiasi organizzazione sindacale e professionale libera. In più,
seguendo il paradigma del «sistema corporativista italiano», spiegò il
significato di «categoria»: «La categoria include la somma di tutti
quelli che esercitano la medesima funzione professionale per la
produzione di un determinato bene, esercitano la stessa professione,
indipendentemente dal fatto che siano o meno iscritti al sindacato».
Tuttavia «la legge (italiana dello Stato fascista di Mussolini) dice che
il sindacato riconosciuto rappresenta l’intera categoria». Di
conseguenza il sindacato riconosciuto rappresenta l’intera categoria di
una data zona, in modo che possa concludere accordi collettivi, aventi
vigore per la categoria intera». Così diventa comprensibile
l’indicazione dell’autore, per cui «le corporation (cioè i sindacati)
sono organi dello Stato». In altre parole anche se l’iscrizione dei
lavoratori ai sindacati riconosciuti dallo Stato non era obbligatoria,
almeno in teoria, era tuttavia obbligatoria nella prassi. Dal momento
che i sindacati (cioè le organizzazioni sindacali di primo grado)
divenivano, nell’ambito del corporativismo, personalità giuridiche di
diritto pubblico, la loro funzione seguiva l’articolazione
amministrativa dello Stato: per ogni zona poteva esserci «un sindacato
riconosciuto». In seguito Merkouris trattò brevemente del terzo grado
dell’organizzazione sindacale, del cosiddetto Consiglio Nazionale dei
Sindacati o Consiglio Sindacale, sul quale sovrintendeva il Ministero
dei Sindacati e del Lavoro. Infine, l’ex Ministro chiarì ai suoi lettori
che «la (libera) organizzazione sindacale è verticale, mentre quella
corporativista è orizzontale». La sua proposizione politica era questa:
«scioltisi tutti i Sindacati, Organizzazioni e Circoli, dovranno
re-istituirsi sotto la denominazione “Sindacati”, nel senso e la
sostanza giuridica che ad essi darà l’applicazione del corporativismo
[N.d.A. in Grecia]». Merkouris concluse che «non può, l’interesse
personale, essere messo al di sopra dell’interesse della Nazione e
dell’interesse generale della produzione». Di questo tipo erano le norme
«socialmente etiche» che il sistema corporativista aspirava ad
instaurare, una «funzione armonizzante» nell’economia o anzi un «sistema
di un’economia disciplinata e quindi controllata». Per lui il lavoro
era un «dovere sociale» e quindi doveva obbedire a norme regolatrici. In
questo sistema il ruolo di regolatore supremo spetterebbe allo Stato
sotto la forma dello «Stato Etico» di Mussolini. Ma l’interventismo
dello Stato nell’economia e nei rapporti lavorativi non sarebbe stato
esteso alla produzione in sé (cioè lo Stato non avrebbe nazionalizzato i
mezzi di produzione trasformandosi in datore di lavoro), ma si sarebbe
limito ad un ruolo regolatore e organizzativo: «Attraverso l’economia
corporativista arriviamo, senza dubbio, ad un maggiore interventismo
dello Stato nell’economia, ma questo consiste in un suo intervento non
in quanto produttore, bensì in quanto organizzatore»52.
4.2. Il corporativismo “autoritario” nella pratica
- 53 URL: < http://catalog.parliament.gr > [consultato il 28 gennaio 2017].
- 54 ΜΕΤΑΞΑΣ, Ιωάννης, Το προσωπικό του ημερολόγιο [METAXAS, Ioannis, Il suo diario personale], vol. III (...)
- 55 Per le consequenze del colpo di Stato del 6 marzo 1933, si veda MAVROGORDATOS, George Th., op. cit.(...)
- 56 Εφημερίς των Συζητήσεων της Βουλής [Giornale dei discorsi Parlamentari], Periodo IV – Riunione I (2 (...)
- 57 ΜΕΤΑΞΑΣ, Ιωάννης, Το προσωπικό του ημερολόγιο [Il suo diario personale], V. IV (1933-1941), op. cit (...)
- 58 Ibidem, p. 206.
15Copie
delle pubblicazioni di Grillenzoni, di Biagi, di Vekiarelis, di
Stefanidis e di Giannopoulos si possono trovare nella biblioteca
personale di Ioannis Metaxas, che è conservata nella Biblioteca del
Parlamento Greco53.
Tuttavia nel programma politico iniziale del partito dei Liberi
pensatori (fondato nell’ottobre 1922) non c’era nessun riferimento al
corporativismo; al contrario veniva rifiutata «totalmente qualsiasi
riduzione delle libertà popolari» e si sosteneva la «totale libertà
personale e politica» e «ogni sorta» di (libere) cooperative agricole54.
Il primo pubblico annuncio politico di misure corporativiste
(“autoritarie”) fu fatto circa un anno dopo la bancarotta del paese nel
1932 (ed il conseguente inasprimento dei rapporti di classe), ed
esattamente un mese dopo la disfatta schiacciante del venizelismo a
seguito del fallito golpe di Plastiras del 3 marzo 1933 e più
specificamente nelle dichiarazioni programmatiche del secondo governo di
Panagis Tsaldaris nell’aprile del 1933 al Parlamento. In altre parole
l’ingresso del corporativismo nella prassi politica greca andò di pari
passo con il declino del liberalismo economico e (soprattutto) politico55.
Tsaldaris annunciò che avrebbe perseguito l’innalzamento etico e
materiale dell’operaio e la sua armoniosa collaborazione con il capitale
imprenditoriale, che avrebbe anche protetto e che, «al fine di
attenuare ogni probabile contrasto acuto fra di loro, dinanzi allo
scoppio di qualsiasi sciopero da parte dei lavoratori o dei datori di
lavoro, avrebbe suggerito che fossero applicate misure analoghe a quelle
vigenti in altri stati»56.
Lo stesso Ioannis Metaxas, in una sua intervista al giornale
«Kathimerini» (6 gennaio 1934) si dichiarò favorevole al «più intensivo
interventismo dello Stato” nell’economia e nella società capitalista»,
mentre dichiarò allo stesso tempo che «il sistema parlamentare» era
ormai «totalmente incapace di rispondere ai nuovi problemi, sorti nella
vita dei popoli»57.
Nelle dichiarazioni programmatiche (25 aprile 1936) del suo primo
governo (parlamentare) Metaxas rese noto il suo intento di ottenere
«possibilmente più solidi termini di collaborazione fra capitale e
lavoro»; considerò come una delle misure principali per il successo di
questo obiettivo «l’ampia applicazione dei contratti collettivi di
lavoro» e la «regolamentazione organizzativa da parte dello stato delle
questioni derivanti dai collettivi conflitti di lavoro»58.
- 59 In vista delle elezioni nazionali del settembre 1932 il Partito Nazionale Radicale aveva come obiet (...)
- 60 ΜΕΡΚΟΥΡΗΣ, Σταμάτης Σ., Γεώργιος Κονδύλης 1879-1936 [MERKOURIS, Stamatis, Georgios Kondylis 1879-19 (...)
- 61 Οι εκφωνηθέντες λόγοι υπό του αντιβασιλέως προέδρου της κυβερνήσεως κ. Γεωργίου Κονδύλη [I discorsi (...)
16Allo
stesso modo le idee corporative non erano incluse neanche nel programma
politico iniziale del Partito Radicale Nazionale del generale Georgios
Kondylis (fondato nell’agosto del 1932)59.
Tuttavia dopo il golpe e la presa di potere (10 ottobre 1935), Kondylis
(un sostenitore dichiarato di Mussolini, che incontrò due volte nel
luglio del 193560)
dichiarò, in un suo discorso pubblico, il 21 ottobre, «la realizzazione
della collaborazione fra capitale e lavoro» come uno dei pilastri
fondamentali della sua politica sociale61.
- 62 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 465, 14 ottobre 1935, p. 2313; N. 536 (...)
- 63 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 379, 31 agosto 1936, pp. 1979-1980 (Α (...)
- 64 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 585, 20 novembre 1935, pp. 2941-2943 (...)
- 65 MAZOWER, Mark, op. cit., p. 268.
- 66 ΜΕΤΑΞΑΣ, Ιωάννης, Το προσωπικό του ημερολόγιο [METAXAS, Ioannis, Il suo diario personale], vol. IV (...)
- 67 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 391, 7 settembre 1936, p. 2045 (Αναγκ (...)
- 68 ΥΠΟΥΡΓΕΙΟ ΤΥΠΟΥ KAI ΤΟΥΡΙΣΜΟΥ, Τέσσερα χρόνια διακυβερνήσεως Ι. Μεταξά 4 Αυγούστου 1936 – 4 Αυγούστ (...)
- 69 Ibidem, p.147.
- 70 Καθημερινή, 5223, 13 agosto 1936, p. 5.
- 71 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 396, 24 ottobre 1938, p. 2634 (Αναγκα (...)
- 72 ΣΤΕΦΑΝΙΔΗΣ, Δημοσθένης Σ., Η θέσις της βιομηχανίας εν τη κοινωνική μας οικονομία [STEFANIDIS, Dimos (...)
- 73 VATIKIOTIS, Panayiotis J., op. cit., p. 161.
17Il
primo passo verso l’applicazione di misure corporative in Grecia fu
fatto con l’istituzione (per la prima volta nella storia del paese) del
Ministero del Lavoro, il 14 ottobre 193562;
questo ministero venne istituito come uno strumento di esercizio di una
politica “sindacale”. Alla fine di agosto, Metaxas declassò il
Ministero del Lavoro in Dipartimento e lo collocò sotto la
sovrintendenza del Ministero dell’Economia nazionale. Nello stesso
tempo, però, aggiunse alla sua legge costituente la precisazione che le
competenze del suddetto ministero includevano la tutela «in favore
dell’assicurazione di una collaborazione armoniosa fra lavoro e capitale
al fine di promuovere l’Economia Nazionale e per il sollevamento morale
e materiale delle classi lavoratrici», come anche «l’intervento
arbitrario per la risoluzione delle dispute fra lavoratori e datori di
lavoro, derivanti da contratti, costumi o consuetudini lavorative»63.
Il secondo strumento più importante per l’applicazione della politica
corporativa “autoritaria” era la promulgazione dei contratti di lavoro
collettivi, i quali determinavano «il livello minimo dei salari degli
impiegati privati e delle paghe giornaliere degli operai industriali». I
contratti di lavoro collettivi che, inizialmente vennero promulgati con
una legge obbligatoria del governo Kondylis, introdussero la «procedura
dell’arbitrato obbligatorio» nella conclusione di questi contratti
collettivi come anche in qualsiasi disputa fra datori di lavoro e
salariati del settore privato, in aziende dove la forza lavoro superava
le 10 persone64.
La procedura dell’arbitrato obbligatorio incontrò tuttavia le obiezioni
e la reazione tanto dei lavoratori quanto dei datori di lavoro65.
La proclamazione dello sciopero nazionale operaio per il 5 agosto 1936
dalla GSEE e la GSEE Unitaria aveva come rivendicazione principale la
non applicazione del decreto legislativo per l’arbitrato obbligatorio
dello Stato nelle dispute lavorative, che era stato votato dal consiglio
dei ministri il 21 luglio66.
Alla fine l’applicazione di questi contratti è stata compiuta durante
la dittatura di Metaxas, quando vennero firmati (12 agosto) «da parte
del governo e dei rappresentanti delle organizzazioni dei datori di
lavoro e dei lavoratori» e vennero ratificati tramite un decreto
emergenziale (7 settembre) i primi due «contratti di lavoro collettivi».
La legge in questione precisò anche l’universalità della loro vigenza:
«La sottoscrizione di questi contratti si intende come totalmente
sostitutiva alla loro sottoscrizione da qualsiasi altra organizzazione
lavorativa o dei datori di lavoro, generale, locale o speciale, e
vincola anche queste organizzazioni insieme alle sottoscritte
Organizzazioni Generali per la durata menzionata nei contratti»67.
Secondo il propagandistico punto di vista ufficiale del regime,
l’applicazione del sistema dei contratti collettivi “Nazionali” del
lavoro «ha armonizzato gli interessi dei fattori che lo rappresentano
[N.d.T. il lavoro] e ha restituito ad esso il suo valore vero come di un
fondamentale ufficio sociale»68.
Allo stesso tempo il Dipartimento della Stampa precisò il carattere
vincolante di questi contratti per tutti i lavoratori del settore
privato: «la definizione della paga giornaliera minima non è stata
limitata soltanto ai grandi rami di certe industrie, ma assunse
un’estensione quasi totale su tutto il territorio e in tutte le
professioni»69.
I primi due contratti collettivi regolavano i livelli minimi della paga
giornaliera degli operai industriali e i limiti minimi dei salari
mensili «per i dipendenti dei negozi commerciali, degli uffici, delle
Aziende Anonime e dei dipendenti privati in genere». Alla loro
promulgazione il «mondo dei datori di lavoro» fu rappresentato dai
presidenti delle Camere commerciali e industriali di Atene, Pireo e
Salonicco, dal presidente dell’Associazione degli Industriali Greci, da
rappresentanti dell’Unione delle Banche Greche, dai Circoli Commerciali
di Atene e del Pireo, come anche da un membro del Consiglio Economico
Supremo. La classe operaia e quella impiegatizia furono rappresentate
rispettivamente dal presidente del Centro Operaio di Atene e da un
rappresentante del Centro Operaio di Pireo, dal presidente dell’Unione
degli operai carico-scarico del porto di Pireo, dal presidente
dell’Unione Panellenica Ingegneri delle fabbriche industriali, dal
presidente dell’Unione dei tessitori di Atene, dal Presidente
dell’Associazione degli Impiegati Commerciali di Atene e da un
rappresentante degli insegnanti privati70.
Con il decreto emergenziale 1435 dell’ottobre 1938, la GSEE (la quale
all’epoca era naturalmente sotto il controllo del regime) venne
autorizzata a «rappresentare tutte, in generale, le organizzazioni
rappresentative operaie e impiegatizie agli organi collettivi
dell’amministrazione e dell’assicurazione ai tribunali d’arbitrato e
assicurativi, alla promulgazione di ogni sorta di contratto di lavoro
collettivo in generale e ad aiutare le organizzazioni ad essa sottoposte
per l’armonizzazione gli interessi dei fattori che costituiscono il
lavoro nazionale»71.
Nello stesso anno Stefanidis espresse la sua approvazione per
«l’alquanto efficace sforzo di regolazione dei rapporti fra gli
industriali e i loro dipendenti e della creazione di terreno per la vera
collaborazione fra questi fattori per il bene della collettività»; in
questo “sforzo” incluse in primo luogo la sottoscrizione dei contratti
collettivi sotto l’egida dello Stato. «Grazie a questo sforzo», il
professore di Economia politica vedeva «diretto verso la sua scomparsa
totale il punto forse più oscuro del nostro progresso industriale, cioè
la tensione fra datori di lavoro e lavoratori, l’infinita serie di
scioperi e controscioperi e l’eterno turbamento della nave sociale che,
fino a questi ultimi tempi navigava serena»72.
È ridondante notare qui che l’imposizione del regime del 4 agosto venne
accompagnato dal divieto di sciopero, di picchettaggio e di altre
manifestazioni che impedivano il processo produttivo73.
- 74 Riedizione dell’intervista comparsa su: Καθημερινή, 5266, 26 settembre 1936, p. 1.
- 75 MAZOWER, Mark, op. cit., pp. 290-291; SARANDIS, Constantine, The ideology and character of the Meta (...)
- 76 ΜΠΑΜΙΑΣ, Γρηγόριος, «Οι αγρόται εις το Νέον Κράτος» [MPAMIAS Grigorios, «I contadini dello Stato Nu (...)
- 77 ΚΟΥΜΑΡOΣ, Νικόλαος ΜΑΝΤΖΟΥΦΑΣ, Γεώργιος, «Αι θεμελιώδεις συνταγματικαί αρχαί του Νέου Κράτους» [KOU (...)
18Infatti
il regime di Metaxas compì una rottura radicale con il sistema
lavorativo liberale del passato. Nel suo discorso per l’inaugurazione
dell’undicesima fiera di Salonicco (6 settembre 1936) Metaxas sottolineò
che oramai «lo Stato prende in mano la direzione dell’economia dei
paesi e il controllo dell’economia viene da esso esercitata appieno». In
una sua intervista alla «Völkischer Beobachter» di Berlino del 24
settembre 1936, Metaxas, facendo un passo ulteriore dichiarò che «il
nuovo Stato sarà sindacale», e che intendeva creare «organizzazioni di
datori di lavoro e di lavoratori in ciascuna regione»74,
ma questa sua dichiarazione non si concretizzò mai. Nel novembre del
1936 il Ministro dell’Economia Konstantinos Zavitzianos annunciò la
creazione di un Gran Consiglio del Lavoro Nazionale, ma senza dare
ulteriori informazioni75.
In ogni caso il «nuovo Stato anti-parlamentare» aveva come fine
dichiarato di lungo termine la «riorganizzazione della vita sociale e
politica sulla base della dottrina della cooperazione e solidarietà
delle classi»76.
Come dichiararono nel 1938 i giuristi teorici della “Rivoluzione del 4
Agosto”, Nikolaos Koumaros e Georgios Mantzoufas, «ci sarà una
rappresentanza classista del popolo, cioè dei gruppi organizzati e delle
organizzazioni professionali», ma «se lo Stato del 4 Agosto intende o
meno evolvere in uno Stato sindacale, ciò non è stato dichiarato»77.
Metaxas e i suoi collaboratori avevano aspirato all’organizzazione
collettivista della società e all’organizzazione corporativista
“nazionale” del lavoro (l’istituzione di un nuovo sistema di
rappresentanza orizzontale, il Gran Consiglio del Lavoro Nazionale e
l’Assemblea delle Professioni), ma questa visione venne applicata su
base sperimentale solo nel settore dell’agricoltura (alle Cooperative
Agricole e alle Case del Contadino).
- 78 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 135, 9 aprile 1937, p. 895 (Αναγκαστι (...)
- 79 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 206, 3 luglio 1940, p. 1707 (Α.Ν. «πε (...)
- 80 BARKAI, Avraham, Nazi Economics: Ideology, Theory, and Policy, New Haven-London, Yale University Pr (...)
19Malgrado
il fatto che le ambiziose dichiarazioni di Metaxas e Zavitzianos non si
fossero concretizzate pienamente, alcune misure d’interesse
nazionale/“auroritarie” furono adottate nel settore dell’industria. Nel
1937 il primo maggio venne dichiarato come Giorno della Festa del
Lavoro; il relativo decreto emergenziale precisava che il lavoro veniva
inteso «nel suo significato ideologico nazionale»78.
Nel luglio del 1940 una nuova legge d’emergenza pose le Camere
Professionali e Artigianali sotto «la sovrintendenza ed il controllo»
del Sottosegretariato al Lavoro, e li convertì in persone giuridiche di
Diritto pubblico come «obbligatorie Unioni di professionisti di una data
categoria» (il concetto di “categoria” è da interpretare in ottica
corporativista). Mentre la legge istitutiva delle camere Professionali e
Artigianali precisava che i membri dei loro Consigli amministrativi
sarebbero stati «revocabili», la nuova legge d’emergenza stabiliva che
da allora in poi un terzo dei loro membri sarebbe stato designato dal
competente Sottosegretariato al Lavoro79.
Le Camere commerciali e industriali non vennero modificate e nella
Grecia di Metaxas non venne creato niente di paragonabile ai
Reichsstände für Handel und Industrie nazionalsocialisti (Sindacati
Nazionali per il Commercio e l’Industria80) o all’italiana Carta del Lavoro.
- 81 Per un approfondimento sulla politica agraria di Metaxas, si veda: ΠΛΟΥΜΙΔΗΣ, Σπυρίδων Γ., Έδαφος κ (...)
- 82 Εφημερίς της Κυβερνήσεως [Giornale del governo] v. I’, N. 118, 28 marzo 1938, pp. 725-729 (Αναγκαστ (...)
- 83 Καθημερινή, 8043, 2 dicembre 1938, pp. 5-6.
- 84 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 350, 31 agosto 1939, p. 2349; ΠΛΟΥΜΙΔ (...)
20Nel
settore dell’agricoltura, il governo di Metaxas si mosse, nell’ambito
della politica dell’agricoltura pianificata, nella direzione del
miglioramento della posizione materiale dei contadini, attraverso la
riduzione del processo di urbanizzazione e l’istituzione di una classe
agraria conservatrice, la quale sarebbe stata fedele agli ideali
nazionali e sostenitrice del regime81.
Nel marzo del 1938 venne fondata (al posto della Confederazione
Panellenica delle Cooperative Agricole) la Confederazione Nazionale
delle Cooperative Agricole della Grecia, la quale fu posta sotto la
«diretta sovrintendenza del presidente del Governo» e divenne
«l’Organizzazione suprema e universale di tutte le Organizzazioni
Cooperative del Paese». La riorganizzazione centrale del movimento
cooperativo ed il rafforzamento della posizione «dello Stato in modo che
esso possa agire in modo più diretto sulle sue direzioni» trasformava
letteralmente le cooperative in «Strumento dello Stato [sic!]».
«L’intervento dello Stato», prendeva dichiaratamente come esempio la
Germania e si giustificava (nel testo della legge) con l’«innalzamento
del livello di vita della classe contadina»82.
Il 1° dicembre 1938 fu fondata formalmente una “Scuola dei cooperanti”
(Σχολή Συνɛταιριστών) all’interno dell’ASOEE (ΑΣΟΕΕ, Scuola Superiore di
Scienze Economiche e Commerciali) di Atene. Come spiegò Metaxas in un
suo discorso durante l’inaugurazione della scuola, l’applicazione
dell’«idea della cooperazione» (cioè del corporativismo) ebbe inizio dal
mondo contadino, poiché esso costituiva lo strato sociale più basso
della piramide sociale, dal quale «proviene tutto il volume della
piramide fino alla cima». Metaxas espresse la propria fede nella
«dottrina cooperativa»; sottolineò che «la nostra libertà è davvero
molto limitata» e che «la nazione intera fatalmente costituisce
un’enorme cooperativa», ma ammise che «siamo molto distanti»
dall’organizzazione cooperativa «della collettività nazionale generale»83.
Nell’agosto del 1939 venne istituito anche un Dipartimento delle
Cooperative con a capo il segretario generale del Ministero
dell’Agricoltura Babis Alivizatos.84
- 85 Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 440, 26 novembre 1938, pp. 2887-2893 (...)
- 86 Αγροτικόν Μέλλον, 14, 11 marzo 1939, pp. 1-2; ΜΕΤΑΞΆΣ, Ιωάννης, Λόγοι και Σκέψεις [METAXAS, Ioannis (...)
- 87 BOTTAI, Giuseppe, op. cit.; ΝΟΤΑΡΑΣ, Ανδρέας, op. cit.; ΧΡΙΣΤΟΔΟΥΛΙΔΗΣ, Γιώργος, op. cit.; DE FELIC (...)
- 88 Nella Germania nazista le (Landes-, Kreis- e specialmente le Ort-) Bauernschaften vennero fondate c (...)
- 89 I membri delle casas do povo (1933) erano sia oltivatori che proprietari terrieri. Nel 1937 la loro (...)
- 90 Αγροτικόν Μέλλον, 1, 26 novembre 1938, p. 2; Αγροτικόν Μέλλον, 3, 3 dicembre 1938, p. 3; Αγροτικόν (...)
- 91 ΑΛΙΒΙΖΑΤΟΣ, Μπάμπης Β., Η Νέα Γεωργική Πολιτική [ALIVIZATOS, Babis V., La nuova politica agricola], (...)
- 92 Αγροτικόν Μέλλον, 59, 6 gennaio 1940, p. 3.
21Ma
lo strumento principale dell’esercizio della politica corporativa nel
settore dell’economia agraria, erano le cosiddette Case del contadino.
Nel novembre del 1938 fu promulgata l’istituzione (inizialmente affidata
ai capoluoghi di ogni Regione) delle Case del contadino, che
sostituirono le Camere agricole e avevano come obiettivo «l’educazione
professionale e spirituale e l’illuminazione della classe agricola, la
stretta collaborazione con lo Stato e l’applicazione della politica
agricola tracciata di volta in volta dal Ministero dell’Agricoltura»85.
Le Case del contadino avrebbero costituito – secondo Metaxas – i
«nuclei combattivi» che avrebbero trasmesso alla campagna «i principi e
lo spirito dello Stato del 4 Agosto» e sarebbero diventate
«l’avanguardia militante» che avrebbe creato il «futuro agricolo
migliore» del paese.86
Le Case del contadino – una creazione di Babis Alivizatos durante il
ministero di Kyriakou – copiavano le (otto) corporazioni del «circolo
agricolo produttivo», che vennero istituite nel 1934 nell’Italia
mussoliniana dal Sottosegretario al Ministero delle corporazioni (i
“sindacati”), Giuseppe Bottai nell’ambito del corporativismo (e della
Carta del Lavoro del 1927)87
e le Bauernschaften (le Körperschaften nel settore della produzione,
della lavorazione e del commercio di prodotti agricoli) della Germania
nazionalsocialista, che erano state fondate nel settembre del 193388.
L’ispirazione per il loro nome venne probabilmente dalle casas do povo
(case del popolo) portoghesi, i sindacati agricoli dell’Estado Novo di
Salazar (1933-1974)89.
Le Case del contadino istituzionalizzavano la classe agricola
legalitaria greca e i loro membri avrebbero costituito la sua élite
(l’Organizzazione politica della Classe Contadina) la quale avrebbe
infuso la «solida coscienza» alle popolazioni contadine e avrebbe
assunto «con vero fanatismo il lavoro della diffusione e
dell’organizzazione della propaganda nelle campagne» ed il
«consolidamento di una classe agraria forte dal punto di vista
dell’anima e dello spirito»90.
L’obiettivo di Babis Alivizatos – ricalcando letteralmente i concetti
di Durrè, il quale aveva trasformato la nota fraseologia di Vilfredo
Pareto e di Robert Michels adoperata dal fascismo italiano – era quello
di «creare una nuova aristocrazia dei campi: l’aristocrazia delle mani
“ruvide”, l’aristocrazia del villaggio e della campagna». Il «Mondo
Agricolo» avrebbe così acquistato la sua «“unità interna” (ed un gruppo
dirigente) ed il suo posto organico dentro la cornice dello Stato del 4
Agosto»91.
Malgrado le somiglianze esterne, le Case del contadino differivano in
modo sostanziale dai “sindacati” agricoli nazionalsocialisti e fascisti.
Così, mentre il Reichsnährstand tedesco (il “sindacato” supremo nel
settore dell’alimentazione popolare) determinava il prezzo di vendita
all’ingrosso e al dettaglio come anche le quote di produzione dei
prodotti agricoli, aveva funzioni di controllo della qualità tanto dei
prodotti agricoli freschi che di quelli lavorati e aveva la facoltà di
imporre multe e pene alle industrie e ai commercianti del settore
alimentare92,
il legislatore greco non conferì mai competenze del genere alle Case
del contadino. La politica dell’«agricoltura pianificata» di Metaxas si
occupava esclusivamente della forza lavoro dell’economia e della società
agricola e non arrivava fino alla regolamentazione dei termini della
produzione e della distribuzione commerciale dei beni.
- 93 BARKAI, Avraham, op. cit., 145-146. Va notato che, in contrasto con l’agricoltura, in cui I corpi a (...)
- 94 ΥΠΟΥΡΓΕΙΟ ΤΥΠΟΥ KAI ΤΟΥΡΙΣΜΟΥ, op. cit., p. 109.
- 95 Ibidem.
- 96 MAVROGORDATOS, George Th., op. cit., pp. 161, 296-7; ΡΗΓΟΣ, Άλκης, op. cit., pp. 152-153.
- 97 ΥΠΟΥΡΓΕΙΟ ΤΥΠΟΥ KAI ΤΟΥΡΙΣΜΟΥ, op. cit., p. 147.
- 98 Ibidem, p. 149.
22Fino
all’entrata della Grecia nella Seconda guerra mondiale (18 ottobre
1940), il corporativismo “autoritario” aveva fatto qualche progresso, ma
non aveva raggiunto lo stadio della maturità. Secondo informazioni
ufficiali, fino all’agosto del 1940 furono formati alla “Scuola dei
cooperanti” circa 2.000 impiegati delle organizzazioni cooperative
agricole93.
Durante lo stesso periodo erano in funzione Case del contadino in tutto
il Peloponneso e venivano fondate gradualmente anche in tutti i
capoluoghi di Regione del resto della Grecia94.
La diffusione delle Case del contadino nel Peloponneso si spiega
facilmente con il fatto che quella particolare zona della Vecchia Grecia
era una tradizionale roccaforte degli anti-venizelisti e veniva abitata
da piccoli proprietari terrieri conservatori, che erano strettamente
legati alle reti di patronato dei partiti borghesi95.
Al contrario l’espansione dell’istituzione della Casa del contadino in
Tessaglia (la roccaforte degli agrari radicali), in Macedonia e in
Tracia, dove si erano stabiliti profughi, piccoli proprietari
coltivatori, fedeli al venizalismo e a una forma di governo non
monarchico, era un’impresa ardua. Per quanto riguarda i contratti
collettivi di lavoro, sempre secondo fonti ufficiali, la loro
applicazione «fu quasi totale sul territorio e su tutte le professioni».
Durante i primi tre anni del regime vennero firmati 823 contratti
collettivi, dei quali 133 erano «generali, aventi cioè vigore in tutto
lo Stato» e 690 «locali»96.
Anche l’istituzione dell’arbitrato obbligatorio nelle differenze fra
salariati e datori di lavoro sembra aver avuto un grande successo:
durante il periodo 4 agosto 1938-4 agosto 1939 i servizi competenti del
Dipartimento del Lavoro risolsero l’82% di queste dispute (59.748 su un
totale di 73.109) e soltanto il 18% dei(suddetti casi fu portato in
tribunale97.
Il Nuovo Stato di Metaxas poteva vantarsi di aver realizzato la
cooperazione di tutte le classi «a favore dell’Economia nazionale e del
benessere sociale». Il decreto emergenziale 1435/1938 definì con
maggiore chiarezza che i circoli professionali per poter sottoporre allo
Stato qualsiasi rivendicazione dovevano necessariamente ottenere prima
«un riconoscimento speciale, in quanto “rappresentativi”».
Successivamente furono riconosciuti come “rappresentativi” 1.257 circoli
di operai (a paga giornaliera) e di impiegati, i quali furono di
seguito subordinati a 41 Centri di operai e impiegati”, e ad altrettante
Segreterie inter-professionali della GSEE. In breve tempo la GSEE venne
ribattezzata Confederazione Nazionale dei Lavoratori Greci (Εθνική
Συνομοσπονδία των Εργατών της Ελλάδας/ΕΣΕΕ), affinché ci fosse una più
piena rappresentanza dei circoli professionali «all’interno dello Stato»98.
L’esatta composizione e funzione di questi circoli “riconosciuti” non è
nota a causa della mancanza di dati sufficienti, ma è certo che il
Decreto legge 1435 mise le basi per l’istituzione dei “sindacati”
corporativi di primo grado.
5. Conclusioni
- 99 Ibidem; Ephimeris tis Kyverniseos [Giornale del governo], Serie A, N. 396, 24 ottobre 1938, p. 2633 (...)
- 100 Ad esempio le opera che erano state pubblicate da Tournakis, il promotore più inflessibile del mode (...)
- 101 MOSSE, George, Masses and Man: Nationalist and Fascist Perceptions of Reality, New York, Wayne Stat (...)
23L’applicazione
del corporativismo “autoritario” nella Grecia tra le due guerre era la
conseguenza del crollo del liberalismo economico – a seguito della
bancarotta del 1932, a causa della crisi economica mondiale – e della
acuta crisi dello Stato parlamentare liberale dopo i golpe militari
consecutivi del 1933 e del 1935. Certamente quattro anni dopo
l’imposizione del regime “fascisteggiante” di Ioannis Metaxas, la Grecia
non era ancora uno “Stato Sindacale” e la vecchia legislazione del
lavoro non era andata oltre il primo stadio del “corporativismo”. Questi
1257 “rappresentativi” circoli di operai e impiegati non erano stati
ancora trasformati in “sindacati” di secondo grado e non rappresentavano
i datori di lavoro insieme ai loro dipendenti. Il loro numero era
caotico (in confronto ad esempio ai 823 sindacati “riconosciuti” e le 22
corporazioni della vicina Italia fascista) ed era appena più piccolo
del numero totale dei già esistenti libere associazioni di lavoratori
autonomi e indipendenti greche (1.607), “rappresentativi” e
non-riconosciuti99.
Perfino a livello teorico, la propaganda delle idee e delle pratiche
corporativiste “autoritarie” quasi coincise temporalmente con
l’istituzione delle dittature di Kondylis e di Metaxas e si svolse
parallelamente ad esse come un metodo di allineamento opportunistico e
di corteggiamento del potere autoritario100.
Così come il regime di Metaxas non raggiunse mai lo stadio maturo del
fascismo (o non fece in tempo a raggiungerlo a causa della guerra), così
anche il corporativismo non divenne mai un elemento ideologico
strutturale dell’economia e della politica greca. Peraltro lo stesso
Metaxas diede maggiore enfasi ai valori della famiglia, della monarchia e
della religione e dell’etica ortodossa, che non allo Stato. La
filosofia politica di Metaxas era profondamente conservatrice e guardava
più verso il passato e la tradizione piuttosto che ad una modernità
alternativa, fascista o nazista101.
Come è noto, il corporativismo si diffuse principalmente in paesi con
una forte tradizione cattolica come l’Italia, il Portogallo, la Spagna,
l’Austria e i paesi dell’America Latina.
- 102 ΔΡΙΤΣΑ, Μαργαρίτα, op. cit., p. 113; MAZOWER, Mark, op. cit., pp. 93, 95.
- 103 ΠΙΖΑΝΙΑΣ, Πέτρος, op. cit., pp. 56, 158.
- 104 ΔΡΙΤΣΑ, Μαργαρίτα, op. cit., p. 63; ΛΙΑΚΟΣ, Αντώνης, op. cit., p. 286; ΠΙΖΑΝΙΑΣ, Πέτρος, op. cit., (...)
- 105 MAVROGORDATOS, George Th., op. cit., 144-145; ΔΡΙΤΣΑ, Μαργαρίτα, op. cit., 65-66; ΠΙΖΑΝΙΑΣ, Πέτρος, (...)
24Oltre
alle ragioni soggettive, ce ne sono anche alcune oggettive che spiegano
l’atrofia del corporativismo in Grecia. Innanzitutto la tarda e
atrofica industrializzazione e la classe operaia fluida e disomogenea
spiegano il questo esito. L’industria greca nel primo dopoguerra
consisteva per la maggior parte in piccole arcaiche imprese di famiglia
(nel 1930, 70.644 su un totale di 76.591 imprese, cioè una percentuale
del 90%) con capitali piccoli e un ridotto numero di dipendenti, che non
superava le 6 persone102.
Circa il 40% di queste imprese erano stagionali, con un’interruzione
delle attività che si protraeva dai tre ai nove mesi all’anno103.
Una parte rilevante della forza lavoro era costituita dai giovani, da
donne nubili (23,2% nel 1928) e da minori (giovani “apprendisti” dai 12
ai 18 anni, il 6% nel 1920). La maggior parte di queste lavoratrici (una
percentuale del 71% nel 1930) abbandonava l’occupazione industriale
appena si sposava104.
In più una parte importante degli uomini che lavorava nelle fabbriche,
principalmente operai non specializzati (che ammontavano al 70% della
forza lavoro del paese) considerava la sua occupazione nell’industria
come provvisoria e come un trampolino di lancio per il passaggio alla
piccola borghesia delle città, tramite l’apertura di un piccolo negozio o
di un bar o attraverso l’assunzione nel settore pubblico105.
Tutto questo impediva la formazione di una solida e durevole classe
operaia che avrebbe potuto inserirsi nei “sindacati”. In definitiva la
Grecia tra le due guerre può essere caratterizzata solo come esempio
periferico della norma europea del corporativismo.
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